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LANCIANO – Una rete capace di trasformare due piccoli municipi del Sangro in un vero mercato di cittadinanze italiane. È il quadro delineato dalla Procura di Lanciano nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari che coinvolge otto persone, tra cui due sindaci e un dipendente comunale.
Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero gestito un sistema illecito per garantire residenze fittizie e, di conseguenza, la cittadinanza italiana a numerosi cittadini sudamericani. Il tutto in cambio di denaro, appoggi elettorali e perfino prestazioni sessuali.
L’inchiesta – coordinata dal procuratore Mirvana Di Serio e dal pm Miriana Greco, con indagini condotte dai carabinieri di Atessa – ipotizza la presenza di due associazioni per delinquere. Al centro, figure istituzionali che avrebbero usato la propria funzione per rendere “credibili” pratiche in realtà del tutto irregolari.
Il meccanismo sfruttava lo ius sanguinis, che consente di ottenere la cittadinanza italiana se si dimostra di discendere da antenati italiani. Molti sudamericani, non potendo provare legami reali, si sarebbero rivolti a queste reti illegali.
La prima organizzazione, attiva dal luglio 2022 tra Borrello e Montebello sul Sangro, era guidata – secondo gli inquirenti – dagli argentini Marcela Elena Clavaschino e Adrian Mario Luciano. Con loro, sarebbero stati coinvolti il sindaco di Borrello, Armando Di Luca, il sindaco di Montebello, Nicola Di Fabrizio, e il funzionario d’anagrafe Luciano Nicola Giampaolo. I richiedenti avrebbero pagato tra i 2.500 e i 5.000 euro a pratica, utilizzando anche abitazioni vuote all’insaputa dei proprietari.
Dal luglio 2023 si sarebbe aggiunto un secondo gruppo, operante a Montebello e focalizzato sui cittadini brasiliani. Promotore, l’ex ufficiale d’anagrafe Mauro Paolini, che avrebbe reclutato anche i brasiliani Felipe e Marcos Carrer Cruz, oltre a Di Fabrizio e Giampaolo, già emersi nella prima associazione.
Le accuse non si fermano al falso ideologico e all’associazione per delinquere: per gli inquirenti il sistema era alimentato da corruzione diffusa. A Giampaolo sarebbero stati concessi denaro, benefici economici e rapporti sessuali; al sindaco Di Luca, oltre a compensi in denaro, anche voti elettorali di cittadini argentini che avrebbero contribuito alla sua rielezione. Anche Di Fabrizio avrebbe ricevuto somme di denaro per favorire le pratiche.
Ora gli otto indagati, assistiti dai rispettivi legali, hanno venti giorni di tempo per depositare memorie o chiedere di essere ascoltati. Sarà poi la Procura a decidere se avanzare la richiesta di rinvio a giudizio per un caso che solleva un interrogativo profondo: quando la funzione pubblica diventa merce di scambio, non è solo la legge a essere tradita, ma l’idea stessa di Stato.
(FONTE: IL CENTRO)