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TORINO DI SANGRO. Si è chiusa con un patteggiamento la vicenda giudiziaria che vedeva imputato un imprenditore 54enne di Torino di Sangro, accusato di caporalato. Davanti al giudice Fabrizio Pasquale, l’uomo ha concordato una pena di un anno di reclusione, che si aggiunge a una precedente condanna a un anno e otto mesi, risalente a due anni fa. La pena complessiva da scontare sarà dunque di due anni e otto mesi.

Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Vasto, l’imprenditore avrebbe sfruttato quattro operai nigeriani, di età compresa tra i 32 e i 44 anni, approfittando della loro condizione di bisogno e di particolare vulnerabilità economica e sociale. Gli uomini venivano impiegati in lavori agricoli tra vigne e uliveti con orari massacranti, dalle sette del mattino fino al tardo pomeriggio, ricevendo in cambio compensi ben al di sotto dei minimi previsti dal contratto collettivo nazionale.

Le indagini hanno inoltre rivelato che i lavoratori vivevano in condizioni degradanti, all’interno di una casa fatiscente e priva di servizi igienici. Un contesto di sfruttamento e abbandono culminato con un grave incidente: uno degli operai si è ferito a un occhio durante le attività, riportando lesioni permanenti alla vista.

Il giudice Pasquale ha accolto la richiesta di patteggiamento presentata dai difensori dell’imputato, gli avvocati Antonello Cerella e Vincenzo Del Re, con il parere favorevole del pubblico ministero Silvia Di Nunzio. Le vittime, assistite dall’avvocato Alessandro Mascitelli, si sono costituite parte civile: il risarcimento dei danni sarà stabilito in separata sede.

Il fenomeno del caporalato, piaga radicata nel settore agricolo italiano, colpisce circa 230mila braccianti irregolari, secondo i dati dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil. Una parte consistente di questi lavoratori è costituita da migranti privi di permesso di soggiorno, resi così ancora più vulnerabili e ricattabili.

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