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Nelle campagne più interne del Vastese, lontano dai centri abitati e dalle strade illuminate, vive una famiglia che ha scelto di allontanarsi dal mondo. Tre bambini, tra i sei e gli otto anni, condividono con i genitori un edificio diroccato immerso nella natura, privo di acqua corrente, energia elettrica e collegamenti con i servizi pubblici.
La vicenda è emersa lo scorso autunno, dopo che i cinque sono stati ricoverati per una sospetta intossicazione alimentare causata da funghi selvatici. Durante gli accertamenti, le forze dell’ordine hanno eseguito un sopralluogo nell’abitazione, descritta come in condizioni precarie e inadatta a garantire la sicurezza dei minori.
I genitori – contrari al sistema educativo tradizionale – avrebbero dichiarato di praticare una forma di istruzione domestica autonoma, sostenendo che i figli crescano “liberi, sani e immersi nella natura”, lontani da quella che definiscono una società “tossica e distorta”.
Le relazioni inviate ai servizi sociali, però, rileverebbero criticità: isolamento totale, assenza di assistenza medica continuativa e ambiente domestico considerato non idoneo alla crescita dei bambini. È stato quindi proposto un percorso minimo: controlli sanitari regolari, alloggio più sicuro e partecipazione dei piccoli ad attività educative comunali. La famiglia ha rifiutato, rivendicando il diritto a uno stile di vita alternativo.
La procura per i minorenni dell’Aquila, informata del caso, ha chiesto interventi urgenti per valutare la tutela dei minori e limitare temporaneamente la responsabilità genitoriale. I legali della famiglia sottolineano che non ci sono elementi di violenza o degrado intenzionale, né problemi economici, e parlano invece di una scelta consapevole e radicale, motivata dal desiderio di vivere in armonia con l’ambiente naturale.
L’ultima parola spetterà ora ai giudici, chiamati a trovare un equilibrio tra libertà educativa, stile di vita alternativo e diritti fondamentali dei minori.
La vicenda è emersa lo scorso autunno, dopo che i cinque sono stati ricoverati per una sospetta intossicazione alimentare causata da funghi selvatici. Durante gli accertamenti, le forze dell’ordine hanno eseguito un sopralluogo nell’abitazione, descritta come in condizioni precarie e inadatta a garantire la sicurezza dei minori.
I genitori – contrari al sistema educativo tradizionale – avrebbero dichiarato di praticare una forma di istruzione domestica autonoma, sostenendo che i figli crescano “liberi, sani e immersi nella natura”, lontani da quella che definiscono una società “tossica e distorta”.
Le relazioni inviate ai servizi sociali, però, rileverebbero criticità: isolamento totale, assenza di assistenza medica continuativa e ambiente domestico considerato non idoneo alla crescita dei bambini. È stato quindi proposto un percorso minimo: controlli sanitari regolari, alloggio più sicuro e partecipazione dei piccoli ad attività educative comunali. La famiglia ha rifiutato, rivendicando il diritto a uno stile di vita alternativo.
La procura per i minorenni dell’Aquila, informata del caso, ha chiesto interventi urgenti per valutare la tutela dei minori e limitare temporaneamente la responsabilità genitoriale. I legali della famiglia sottolineano che non ci sono elementi di violenza o degrado intenzionale, né problemi economici, e parlano invece di una scelta consapevole e radicale, motivata dal desiderio di vivere in armonia con l’ambiente naturale.
L’ultima parola spetterà ora ai giudici, chiamati a trovare un equilibrio tra libertà educativa, stile di vita alternativo e diritti fondamentali dei minori.