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Il dissesto idrogeologico, purtroppo, rappresenta una fragilità storica del territorio italiano e richiede interventi specifici, calibrati sulle diverse realtà locali. È in questa cornice che si inserisce la vicenda delle 200 famiglie di Chieti, colpite dalle frane e dall’alluvione del 2023, che rischiano oggi di non poter accedere ai contributi di ristoro previsti dall’ultima ordinanza della Protezione Civile nazionale, emanata l’8 settembre scorso.
Il provvedimento stabilisce un termine perentorio di 60 giorni per la presentazione delle domande di contributo, corredate da documentazione tecnica e contratti preliminari di acquisto di nuovi immobili. Tempistiche e requisiti che, secondo il vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico Luciano D’Alfonso, risultano “inapplicabili” per i cittadini di Chieti, ancora in attesa degli esiti definitivi dei monitoraggi geologici.
Un disastro ancora aperto
Due anni fa, una violenta ondata di maltempo colpì la città, provocando l’alluvione e lo smottamento di una collina. Centinaia di residenti furono evacuati: alcune abitazioni vennero demolite immediatamente, altre dichiarate inagibili e interdette con ordinanza sindacale. Da allora si attende la conclusione delle analisi geologiche per stabilire se e come sarà possibile ricostruire o rientrare in sicurezza.
Le famiglie, però, non dispongono ancora di certezze: non sanno se le case potranno essere recuperate, se la collina verrà dichiarata definitivamente “zona rossa” o se dovranno spostarsi altrove. In queste condizioni, presentare un contratto preliminare di acquisto per una nuova abitazione, come chiede l’ordinanza, è materialmente impossibile.
Un cortocircuito burocratico
Alla complessità tecnica si aggiunge quella procedurale: non è stato ancora ufficializzato l’elenco degli immobili da demolire, mentre la previsione di un contributo fisso di 10mila euro per le demolizioni rischia di generare disparità rispetto agli abbattimenti già effettuati a spese dello Stato.
“Chiedo una proroga dei termini – afferma D’Alfonso – fino al completamento dei monitoraggi e alla definizione degli elenchi ufficiali. Solo così i cittadini avranno la possibilità concreta di accedere ai fondi che spettano loro di diritto”.
Verso la ricostruzione
Un passo in avanti è comunque arrivato con l’approvazione definitiva del DL 116/2025, che avvia la fase di ricostruzione pubblica e privata nei territori di Chieti e Bucchianico. Il decreto stanzia 25 milioni di euro e prevede la nomina di un commissario straordinario.
“È un traguardo atteso da mesi – dichiarano il sindaco Diego Ferrara e il presidente del Consiglio comunale Luigi Febo – che restituisce fiducia a famiglie e imprese colpite. Ora inizia la fase della ricostruzione, che dovrà riportare sicurezza, case e servizi alle comunità”.
Un risultato raggiunto grazie al lavoro congiunto delle istituzioni locali, dei parlamentari abruzzesi e del ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci. Ma la partita non è chiusa: la proroga dei termini e la definizione delle procedure restano condizioni indispensabili per garantire equità e tempestività negli aiuti.
Il provvedimento stabilisce un termine perentorio di 60 giorni per la presentazione delle domande di contributo, corredate da documentazione tecnica e contratti preliminari di acquisto di nuovi immobili. Tempistiche e requisiti che, secondo il vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico Luciano D’Alfonso, risultano “inapplicabili” per i cittadini di Chieti, ancora in attesa degli esiti definitivi dei monitoraggi geologici.
Un disastro ancora aperto
Due anni fa, una violenta ondata di maltempo colpì la città, provocando l’alluvione e lo smottamento di una collina. Centinaia di residenti furono evacuati: alcune abitazioni vennero demolite immediatamente, altre dichiarate inagibili e interdette con ordinanza sindacale. Da allora si attende la conclusione delle analisi geologiche per stabilire se e come sarà possibile ricostruire o rientrare in sicurezza.
Le famiglie, però, non dispongono ancora di certezze: non sanno se le case potranno essere recuperate, se la collina verrà dichiarata definitivamente “zona rossa” o se dovranno spostarsi altrove. In queste condizioni, presentare un contratto preliminare di acquisto per una nuova abitazione, come chiede l’ordinanza, è materialmente impossibile.
Un cortocircuito burocratico
Alla complessità tecnica si aggiunge quella procedurale: non è stato ancora ufficializzato l’elenco degli immobili da demolire, mentre la previsione di un contributo fisso di 10mila euro per le demolizioni rischia di generare disparità rispetto agli abbattimenti già effettuati a spese dello Stato.
“Chiedo una proroga dei termini – afferma D’Alfonso – fino al completamento dei monitoraggi e alla definizione degli elenchi ufficiali. Solo così i cittadini avranno la possibilità concreta di accedere ai fondi che spettano loro di diritto”.
Verso la ricostruzione
Un passo in avanti è comunque arrivato con l’approvazione definitiva del DL 116/2025, che avvia la fase di ricostruzione pubblica e privata nei territori di Chieti e Bucchianico. Il decreto stanzia 25 milioni di euro e prevede la nomina di un commissario straordinario.
“È un traguardo atteso da mesi – dichiarano il sindaco Diego Ferrara e il presidente del Consiglio comunale Luigi Febo – che restituisce fiducia a famiglie e imprese colpite. Ora inizia la fase della ricostruzione, che dovrà riportare sicurezza, case e servizi alle comunità”.
Un risultato raggiunto grazie al lavoro congiunto delle istituzioni locali, dei parlamentari abruzzesi e del ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci. Ma la partita non è chiusa: la proroga dei termini e la definizione delle procedure restano condizioni indispensabili per garantire equità e tempestività negli aiuti.