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Con la sentenza del Consiglio di Stato si chiude definitivamente la vicenda della possibile riapertura della discarica di amianto in località Fontanelli, a Rocca San Giovanni.
«Accogliamo con grande soddisfazione questa decisione che esclude in via definitiva ogni ipotesi di riattivazione del sito – dichiara il sindaco Fabio Caravaggio –. È stata una battaglia lunga e complessa, che ci ha visto prevalere grazie a solide motivazioni giuridiche e amministrative, ma soprattutto in difesa dell’ambiente, dei cittadini e dell’intero territorio».
La discarica era stata aperta nel 1994 dalla società Smi srl, inizialmente come cava e poi come deposito di materiali inerti, fino a diventare impianto per lo smaltimento dell’amianto. Alla fine degli anni Novanta la Regione negò il rinnovo dell’autorizzazione e l’area rimase inattiva, seppur monitorata. La questione si è riaperta nel 2017, quando la società Rsg srl ha presentato un progetto di riqualificazione ambientale che prevedeva il recupero della discarica con una capacità di 210.000 m³ di materiali contenenti amianto. Dopo il rigetto del piano da parte del comitato regionale Via nel 2018, l’azienda ha fatto ricorso al TAR e successivamente al Consiglio di Stato, che ora ha definitivamente respinto la richiesta.
«Si chiude così un capitolo iniziato nel 1994 – sottolinea il sindaco –. Abbiamo evitato il rischio di un ritorno a un’attività pericolosa per l’ambiente e per la salute pubblica. Continueremo a vigilare e chiediamo alle istituzioni competenti, in primis la Regione, di adoperarsi per la chiusura definitiva dell’impianto».
Soddisfazione anche dal vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Erminio Verì, che guarda già al futuro: «Abbiamo proposto agli enti competenti di trasformare l’area in una risorsa tramite la solarizzazione del sito con pannelli fotovoltaici flessibili. Sarebbe un modo per restituire utilità a un terreno altrimenti inutilizzato e, attraverso la creazione di una Comunità Energetica Rinnovabile (CER), portare benefici concreti alla collettività roccolana, che per anni ha dovuto convivere con questa eredità».
(Foto di repertorio)